Fotografo Massimo Cristaldi
Titolo del progetto INSULAE
Giurato Marco Benna
Viviamo in un tempo di
cambiamenti accelerati. Una delle conseguenze involontarie della
globalizzazione è una progressiva perdita di meraviglia e di curiosità: mentre
il Mondo si riduce a punti di familiarità e di uniformità, i nostri paesi, le
città e i paesaggi si trasformano lentamente in qualcosa di monotono e
indifferenziato.
Una singola immagine,
demarca, nell'attimo in cui viene realizzata, un confine tra quello che c'era
prima, e che viene da essa catturato, e come quel luogo, momento, o situazione
muterà nel Futuro. Così proprio la fotografia, in quanto oggetto
"fisico”, diventa parte della mia “metafora dei confini”: è essa stessa
confine tra prima e dopo.
Esistono, però, altri
confini. Esistono altri limiti. Quelli tra terra, mare e cielo, tra bene e
male, tra luce e buio. Confini ma anche dualismi: positivo e negativo, zero e
uno, passato e presente, vita e morte.
Ecco che così il mio
interesse è rappresentare questi momenti di transizione in cui il passato,
anche prossimo, si trasforma in allegoria del presente, catturando, al
contempo, confini e dualismi espliciti e suggerendone di metaforici.
Fotografo Taher Nikkhahabyaneh
Titolo del
progetto IMPRONTA
Giurato Mahmoud Saleh Mohammadi
La vita odierna è rapida e continuamente mutevole. In molti, con
i mezzi tecnologici ormai ampiamente diffusi, cercano di fermare istanti di
questo flusso incessante da postare poi e diffondere sui social media. Come è
evidente ogni foto è espressione del punto di vista particolare del suo
fotografo, lo si nota bene guardando immagini tra loro diverse che ritraggono
uno stesso evento. In parallelo si può pensare allo sguardo singolare di ogni
fotografo come all'impronta digitale unica per ogni persona. Questa
similitudine è d'ispirazione per Taher Nikkhahabyaneh che coglie scatti di vita
quotidiana visti attraverso una fessura delle proprie dita. In questo modo lui
stesso interferisce nella visione del quotidiano ritratto solo parzialmente
nell'immagine fotografica.
Fotografo Maria Bruni
Titolo del progetto Work in progress / first step
Giurato Cristian Ciamporciero
Dal 2007 la mia ricerca, precedentemente rivolta ad altri
aspetti della fotografia, si è indirizzata maggiormente all’osservazione
dell’ambiente naturale e ho iniziato, quasi in una sorta di esercizio di stile,
a percorrere ed esplorare il bosco della collina torinese cercando di rubarne
gli aspetti più profondi e meno evidenti. Ho cominciato in primavera, estasiata
dallo sbocciare dei fiori selvatici, fotografando dettagli più appariscenti ma
adesso, dopo numerose passeggiate lungo i sentieri, mi sento maggiormente
attratta da particolari più intimi del territorio, come un determinato taglio
di luce, un'atmosfera o una piega nel muschio.
Non cerco il dettaglio esotico e spettacolare, piuttosto
aspiro a uno sguardo spontaneo su un terreno che appartenga alla mia storia. In
questo mio lavoro, sono interessata al rapporto tra luci, ombre, colori e alla
casualità della scena naturale. Lo scopo è cercare la bellezza nel micro-cosmo
dei boschi non domati dalla mano dell'uomo. La schematizzazione scientifica
penso rappresenti già una piccola "intrusione intellettuale" in un
mondo che vive, naturalmente, senza di essa. Lascio quindi volentieri ad altri,
più esperti e motivati di me, tale compito e passione.
La mia passione è l'immagine.
Come un animale, cerco di osservare il terreno da un punto
di vista un po' più basso di quello umano cercando angolazioni fiabesche e
inconsuete. In questo modo ogni cosa diventa più grande e misteriosa; la natura
svela, tramite la luce o determinate forme del bosco, una foggia spesso
inquietante e arcaica, quasi subdola, popolata da migliaia di sinistre
leggende. Stiamo parlando di una natura forte e antica in grado di difendersi
dall'uomo, a volte in modo catastrofico o mortale.
Il progetto è un working progress senza fine e questa è solo
una minima selezione (76 fotografie) degli scatti prodotti in questi anni,
osservando sempre lo stesso contesto nelle diverse stagioni dell'anno.
Per la formalizzazione ho deciso di usare delle vecchie
cornici recuperate dai mercatini dell'usato o dalle cantine di conoscenti
proprio per sottolineare l’aspetto storico e allo stesso tempo contemporaneo di
questa natura da sempre background della presenza antropomorfica. Aprirle,
smontarle e rimontarle è stato, in molti casi, emozionante poiché, con mia
grande sorpresa, ne fuoriuscivano improvvisi stralci di vite altrui o
addirittura, in qualche caso, lunghe storie volutamente lasciate ai posteri. Ho
quindi deciso di mantenere e custodire questi piccoli segreti nascondendoli insieme
alle mie foto nei loro telai di appartenenza.
L'installazione prevede una composizione a parete delle foto
molto ravvicinate l'una all'altra, in modo da formare un unico grande
rettangolo di circa 3,20 m di lunghezza x 2 m di altezza, in modo tale da
divenire un unico lavoro compatto.
Fotografo Rino Rossi
Titolo del progetto VITA OLTRE LA VITA
Giurato Riccardo Rama De Tisi
Le
persone vivono i luoghi attraverso il ricordo, nell'immediatezza della propria
presenza fisica o nel desiderio.
Con "Vita oltre la vita" Rino Rossi racconta come i luoghi siano vivi e si trasformano a prescindere. Hanno una propria anima in cui il tempo scorre, anche in apparente immobilità. Le
persone vivono i luoghi attraverso il ricordo, nell'immediatezza della propria
presenza fisica o nel desiderio.
Con "Vita oltre la vita" Rino Rossi racconta come i luoghi siano vivi e si trasformano a prescindere. Hanno una propria anima in cui il tempo scorre, anche in apparente immobilità.
Fotografo Stefano Stranges
Titolo del progetto Homeland
Titolo del progetto Homeland
Giurato Valerio Pastore
L’uomo
trasforma ogni luogo in una casa.
In
questo spazio fisico e relazionale l’essere umano non solo sopravvive, ma soprattutto
vive.
Casa è
l’habitat in cui l’uomo si ripara, si rifugia, si incontra con altri uomini e condivide
con questi sentimenti e quotidianità. Il concetto di casa e quello di comunità
si intrecciano, illuminandosi a vicenda.
“Casa” è
ogni spazio abitato e coabitato. Per questo gli uomini riescono a costruire il
proprio nido anche in mancanza di pareti, porte e finestre.
Homeland
è una ricerca che come un treno attraversa diverse regioni del mondo ed esplora
su un doppio binario il processo di ricostruzione fisica ed emotiva di una
dimora, nonostante gli sradicamenti culturali e le difficoltà materiali di
coloro che le abitano.
Ogni
parte del progetto nasce vivendo in ogni luogo come ospite, per poterne riportare,
tramite le fotografie, condizioni di vita materiali e affettive, emotive quindi
relazionali.
Fra le
mura di gravi disagi e nello spazio circoscritto da condizioni abitative apparentemente
proibitive, dimorano con questi uomini anche la progettualità, la speranza, la
gioia, la condivisione, il senso della famiglia e di appartenenza a una
comunità.
Questa
ricerca sociale ambisce a dimostrare come gli uomini siano in grado non solo di
mettere radici nel più arido dei deserti, ma anche di fare ombra.
Fotografo Matteo Gastel
Titolo del progetto Lo scintillante lato oscuro di un'altra Milano
Giurato Giovanni Gastel Jr
La città ideale non esiste. Sono
spesso affascinato da architetture che non esistono più, da paesaggi
industriali fatiscenti... industrie in disuso, fabbriche abbandonate.
L'inesorabile trascorrere del tempo, il degrado a cui lasciamo le strutture che
abbiamo con così tanta fatica costruito, l'abbandono... rientrano nelle
dinamiche della Natura, che in qualche modo le riassorbe, con i suoi tempi, e
in questo modo assumono un'estetica che per me è quasi più interessante delle
architetture realizzate da grandi architetti (senza voler nulla togliere,
ovviamente, alle incredibili opere architettoniche realizzate da menti
brillanti). Però, a mio avviso, il fascino dell'interazione di questi nostri
lavori con il corso della natura è più reale e più forte. Quindi la mia città
ideale è probabilmente una città in cui la natura ha modo di inserirsi e
coesistere, non perché l'abbiamo portata lì, ma perché lasciandola interagire
si arriva ad un ipotetico equilibrio. La ritrarrei con luce naturale, mi
piacerebbe documentarla, quindi la ritrarrei nel corso del cambiamento: non con
uno scatto gelido che cristallizzi un istante, ma magari con un percorso
fotografico che descriva l'interazione di natura e architettura.